        Massimo Tamburini e il suo inconfondibile genio. Nei giorni del Gran Premio Emilia-Romagna viene allestita una mostra ad hoc presso le sale del Garage 51 e la Tribuana C. Simona Tamburini, figlia del celebre designer, ha voluto ricordare la scomparsa decennale del pap&agrave;, a conincidere con l'anniversario numero 30 della Ducati 916. Parliamo di una delle "creature" pi&ugrave; importanti del designer riminese. Motivo in pi&ugrave; per gustarsi la MotoGP di Misano. Mondo di Massimo Tamburini: 916 e non solo La mostra includeva la famosa bicilindrica bolognese, certo, ma non solo. Trattasi di preziosa carrellata sulle creazioniche videro Massimo Tamburini protagonista di un periodo partito nel 1973, quando fond&ograve; la casa motociclistica di Rimini Bimota, fino alla fine dei primi anni 2000, quando Tamburini cesser&agrave; la sua intensa collaborazione con MV Agusta. Tra i modelli esposti, le Bimota HB1 e KB2 dei primi anni 70; la Ducati 750 Paso, opera prima realizzata nel 1986 per Ducati durante la gestione Cagiva; la Ducati 916, che gli valse tante affermazioni dentro e fuori i circuiti fino al punto di soprannominare Tamburini il &ldquo;Michelangelo delle due ruote&rdquo;, le MV Agusta F4 e Brutale, che chiudono la stagione in MV(prima del pensionamento nel 2008) ed altri modelli che compongono l&rsquo;ideale &ldquo;catalogo&rdquo;delle opere del designer.  Genio senza tempo: Tamburini in mostra a Misano Il Misano World Circuit Marco Simoncelli, Motor Valley, Visit Emilia Romagna, Garage 51, e il contributo di Ducati Motor Holding con l&rsquo;esposizione di alcune moto provenienti dal Museo Ducati tra le quali la 916 del 1995 di Carl Fogarty, e la 998 del 2002 di Troy Bayliss rappresentano la narrazione fondamentale per conoscere la maestria di Massimo Tamburini, in una mostra che impreziosisce il gi&agrave; ricco programma di eventi correlati al fine settimana sportivo. Nella giornata di domenica 22 settembre hanno&nbsp; presenziato alla mostra la figlia di Massimo Tamburini, Simona, e Livio Lodi, curatore del Museo Ducati, che hanno contribuito alla realizzazione di questa importante esposizione. Quando il genio &egrave; innato, tra passato, presente e futuro &egrave; impossibile distinguere l'incendere del tempo.        

Bimota HB1 e KB2, Ducati Paso 750 e 916, MV Agusta F4 e Brutale: il genio che va oltre il tempo

Tamburini: i capolavori del designer in mostra a Misano MotoGP

        La nostra storia comincia dal 1973 e inizia con due nomi di massimo prestigio &ndash; Bimota e Massimo Tamburini &ndash; che meriterebbero mille volte lo spazio di questa rubrica. La Casa riminese debutt&ograve; quell&rsquo;anno con l&rsquo;ambizioso obiettivo di costruire moto sportive e da corsa di assoluta avanguardia non soltanto nella tecnica (motore escluso), ma anche nell&rsquo;estetica. E Tamburini, autodidatta animato da un incredibile talento naturale e da una passione infinita, con l&rsquo;importante contributo di Giuseppe Morri, socio fondatore e abile amministratore, fu l&rsquo;uomo capace di realizzare autentici capolavori e intuire soluzioni ardite e innovative che avrebbero destato meraviglia. Tra i modelli Bimota da lui disegnati e plasmati ne ho scelti due, uno stradale e uno da GP: KB1 e YB1, entrambi prodotti all&rsquo;inizio dell&rsquo;attivit&agrave; della Casa riminese e artefici di una fama propagatasi fulmineamente fra gli appassionati di moto di tutto il Mondo. Chi &egrave; nato prima tra auto, moto e triciclo? | Polvere di Stelle Bimota: KB1 e YB1  La KB1, ossia Kawasaki-Bimota 1, fu la trasformazione ideata da Tamburini per la Z1 900, potentissima quattro cilindri con cui la marca giapponese aveva fatto la sua comparsa fra le maxi-moto sportive con motore quattro tempi. Trattandosi di un modello esuberante di cavalli che la ciclistica di serie stentava a contenere, e con un&rsquo;impostazione estetica ed ergonomica da gran turismo certamente inadeguata alle prestazioni disponibili, il designer romagnolo decise di stravolgere la moto originale. Dotandola cos&igrave; di un nuovo telaio, di ruote e freni al top, e di un gruppo sella, serbatoio e carenatura da autentica &ldquo;racing&rdquo;. Il successo fu immediato, tanto che la KB1 fu la Bimota pi&ugrave; venduta dei suoi primi vent&rsquo;anni. La YB1 (Yamaha-Bimota 1) venne costruita con l&rsquo;intento di partecipare alle corse del campionato italiano nelle classi 250 e 350, dove il competitivo bicilindrico due tempi di Iwata era disponibile e garantiva prestazioni sufficienti per competere al pi&ugrave; alto livello. Tamburini disegn&ograve; per questa moto un telaio leggerissimo la cui caratteristica, unica nel suo genere, era il percorso diretto del tubo superiore dal cannotto di sterzo al fulcro del forcellone, una struttura che sarebbe stata in seguito universalmente adottata. Concep&igrave; poi una scocca in vetroresina incorporante la sella e il rivestimento del serbatoio del carburante, perfettamente accordata con la profilatissima carenatura. La YB1 si rivel&ograve; tanto competitiva da lottare subito per la vittoria con i piloti della Bimota, i riminesi Luigi Anelli e Giuseppe Elementi, e questo indusse molti loro avversari e parecchi team fra i pi&ugrave; quotati a livello internazionale ad acquistare le moto o i kit di trasformazione Bimota, introducendoli anche nel Mondiale. &Egrave; superfluo ricordare che Massimo Tamburini, una volta interrotto il rapporto con la Bimota, disegn&ograve; poi per la Ducati la splendida 916 e per la MV l&rsquo;altrettanto stupefacente F4. A proposito di quest&rsquo;ultima non posso esimermi dal proporre un aneddoto circa la presentazione della Superbike con cui il marchio MV torn&ograve; dopo anni di assenza dal mercato. Tamburini &ndash; che era un tipo abbastanza introverso &ndash; stancatosi in quell&rsquo;occasione di essere al centro dell&rsquo;attenzione, si rivolse a me, dicendomi in dialetto romagnolo &ldquo;Vieni con me, che non ne posso pi&ugrave;&rdquo;. Raggiungemmo una stanza vuota e l&igrave;, tra le altre cose, mi spieg&ograve; che la F4 aveva il telaio scomponibile perch&eacute; lui, amando anche lavorare sulla moto, teneva in considerazione pure i problemi che avrebbero affrontato i meccanici nei loro interventi di manutenzione e riparazione. Per lo stesso motivo aveva fatto in modo di ridurre al minimo le differenze fra le misure dei bulloni e dei dadi. E questo fu il suo esempio: &ldquo;Se una scimmia stupida scende da un albero e vede un bullone per terra vicino a una mia moto, deve capire immediatamente dove va avvitato&rdquo;. Gli feci notare che sulla cartella stampa della MV F4 si leggeva che le pinze dei freni erano &ldquo;autospurganti&rdquo;, una caratteristica unica. E Tamburini, che le aveva progettate, mi spieg&ograve;: &ldquo;Prima di pensare alle moto, facevo impianti di riscaldamento. L&igrave; ho imparato dove va l&rsquo;aria&hellip;&rdquo;. &nbsp; La rivoluzionaria Tesi  Al Salone di Milano del 1983 la Bimota present&ograve; un prototipo rivoluzionario che non era stato disegnato da Massimo Tamburini, uscito dall&rsquo;azienda nei primi mesi dell&rsquo;anno, bens&igrave; da due laureandi ingegneri riminesi con la passione della moto. Si chiamavano Pier Luigi Marconi e Roberto Ugolini e la loro proposta tecnico/stilistica del tutto innovativa era stata coerentemente battezzata &ldquo;Tesi&rdquo;. Da allora sono passati quarant&rsquo;anni e la Tesi &egrave; stata prodotta e anche portata in gara con diverse motorizzazioni e importanti modifiche, ma &egrave; il prototipo &ndash; rimasto tale &ndash; con motore Honda VF 400 a meritare di essere inserito in questa rassegna dei capolavori di design. Tecnicamente il punto focale del progetto Tesi risiedeva nella separazione del lavoro della sospensione anteriore da quello dello sterzo, in modo da ridurre gli effetti negativi della variazione d&rsquo;assetto della moto soprattutto frenando all&rsquo;ingresso di una curva. Per centrare questo obiettivo Marconi e Ugolini avevano disegnato una struttura composta dal forcellone posteriore unito a un inedito forcellone orizzontale anteriore tramite un telaietto in fibra di vetro, kevlar e alluminio sagomato in modo da sostenere anche il motore, alloggiare l&rsquo;ammortizzatore e costituire la parte inferiore della carenatura. Il sistema di sterzo era invece incentrato su un mozzo con movimento angolare a comando idraulico comandato dal manubrio classico, che per&ograve; godeva del vantaggio di potersi collocare non in un punto obbligato, bens&igrave; in quello pi&ugrave; favorevole in relazione alla posizione di guida del pilota. Lo sterzo idraulico, rivelatosi poi troppo poco sensibile, venne abbandonato in favore di un sistema meccanico. La carrozzeria della Tesi era un riuscitissimo compromesso fra esigenze ergonomiche, tecniche, estetiche e aerodinamiche. E non assolveva soltanto il tradizionale compito di integrare sella e serbatoio, ma nella parte superiore e anteriore reggeva anche il manubrio e il sistema di collegamento idraulico con lo sterzo. In ultimo, tra telaio inferiore e scocca superiore era lasciato un ampio obl&ograve; che lasciava intravedere il motore. La Tesi nacque come moto-laboratorio, ma una moto del genere non si era mai vista al Mondo e probabilmente con il tempo e gli indispensabili investimenti, non alla portata della Bimota, e in un ambiente meno conservatore avrebbe potuto cogliere il successo che meritava.  &nbsp; Ricciuti e la 500 Turbo  Giuseppe Ricciuti &egrave; uno stilista che inizi&ograve; l&rsquo;attivit&agrave; a Roma collaborando con la Futura Motor di Franco Malenotti. Ha disegnato moto di successo per diverse Case italiane, in particolare l&rsquo;Aprilia, per la quale ha firmato, tra gli altri, due modelli importantissimi: lo scooter a ruote alte Scarabeo e la RSV 1000. Ma i due lavori che resero nota la sua straordinaria creativit&agrave; in campo motociclistico risalgono al 1981 e fecero la loro comparsa al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano. Per la Laverda quell&rsquo;anno cre&ograve; la RGS 1000, una moto elegantemente sportiva, raffinata, che per&ograve; non ebbe il giusto successo sia per le difficolt&agrave; finanziarie che di l&igrave; a poco iniziarono a manifestarsi a Breganze, che per l&rsquo;intensificarsi della concorrenza giapponese che proponeva modelli supersportivi dal richiamo irresistibile. Per la Moto Morini, Ricciuti disegn&ograve; invece la 500 Turbo, che al Motosalone accese un grandissimo entusiasmo fra gli appassionati, non soltanto per la &ldquo;conturbante&rdquo; presenza della sovralimentazione, che prometteva prestazioni straordinarie, ma anche e soprattutto per l&rsquo;indovinatissima linea sportiva. A dimostrazione di questo, i concessionari in visita a Milano furano concordi nel sollecitare la Casa bolognese a produrla anche senza il &ldquo;turbo&rdquo;, certi del gradimento dei clienti. Non se ne fece nulla, e fu un errore grave. Mettere in produzione la versione sovralimentata avrebbe richiesto un investimento che venne giudicato eccessivo, ma &ldquo;vestire&rdquo; con l&rsquo;abito di Ricciuti la 500, gi&agrave; in catalogo fin dal 1977, non sarebbe stato difficile. Guai, comunque, a citare Ricciuti come disegnatore della &ldquo;Turbo&rdquo;: il ragionier Marchetti, factotum della Casa bolognese, non lo tollerava: "&Egrave; bella?" diceva. &ldquo;&Egrave; una Morini e basta!&rdquo;.  Dal sottomarino all'Europeo | Polvere di Stelle       

Dai capolavori di Tamburini alla Tesi di Marconi e Ugolini: la Casa riminese &egrave; protagonista della nostra rubrica

L'estetica secondo Bimota | Polvere di Stelle

        Mercoled&igrave; 28 febbraio 2024 Tatuus Racing ha celebrato un importante traguardo: 300 esemplari prodotti della sua T-421, monoposto di Formula 4 ormai punta di diamante dei campionati di categoria. Per l&rsquo;occasione i dipendenti Tatuus, raggiunti da alcuni colleghi in rappresentanza di Autotecnica Motori, Breda Racing (aziende che insieme a Tatuus formano un unico Gruppo) e di Nope Engineering, hanno posato per una fotografia speciale, accanto alla vettura personalizzata ad hoc.  L'ennesimo traguardo Tatuus Racing  Un ennesimo obiettivo raggiunto per Tatuus, che si aggiunge ai successi delle vetture di Formula Renault 2000 (quasi 1000 esemplari prodotti) e della T-318, attiva nei campionati di Formula 3 Regional. &ldquo;Produrre e consegnare oltre 300 monoposto in un tempo cos&igrave; breve &egrave; qualcosa di eccezionale &ndash; ha dichiarato Giovanni Delfino, CEO del Gruppo &ndash; Un traguardo reso possibile dalla crescita dei campionati Formula 4 nel mondo e dall&rsquo;impegno delle donne e degli uomini Tatuus, Autotecnica Motori e Breda Racing&ldquo;. &ldquo;Vedere le vetture all&rsquo;interno dei nostri HQ durante la fase di assemblaggio e rivederle poi in pista sui circuiti pi&ugrave; importanti del mondo &egrave; motivo di grande orgoglio per tutti noi, che non vediamo l&rsquo;ora di scrivere e vivere con la passione di sempre i prossimi capitoli di questa bellissima storia&rdquo;. T-421, la vettura che ha reso grande Antonelli in F4  La T-421 della Tatuus Racing &egrave; anche la monoposto di molti dei successi nelle categorie minori di Andrea Kimi Antonelli. La vettura &egrave; infatti protagonista della Formula 4 ADAC (F4 tedesca) e della Formula 4 Italiana. Il talento italiano, vicino all&rsquo;esordio in F1 e prossimo al debutto in F2 a Sakhir nel weekend 29 febbraio-2 marzo, ha conquistato un totale di ben 22 vittorie nei due campionati, soltanto nel 2022, vincendoli entrambi. Sono 13 i campionati che adottano la T-421 della Tatuus Racing, fra i quali figura anche la Formula 1 Academy, la competizione tutta al femminile organizzata da Formula 1, il cui primo appuntamento sar&agrave; a Jeddah dal 7 al 9 marzo. Il campionato vedr&agrave; utilizzate 15 T-421 appositamente modificate e dotate di ali anteriori e posteriori uniche, ispirate alle vetture di Formula 1.       

La monoposto T-421 ha raggiunto la quota di 300 esemplari prodotti dal 2021, anno del suo esordio

Tatuus Racing, incredibile traguardo per la F4 di Kimi Antonelli

Quello che si svolge sull&rsquo;Isola di Man &egrave; forse l&#39;evento pi&ugrave; affascinante del panorama motoristico. Dal 29 maggio la gara &egrave; in atto tra le strade cittadine e si concluder&agrave; il 10 giugno. In questa competizione sono nate e si confermate leggende del motociclismo. Come il compianto Joey Dunlop e John McGuinnes che sono i piloti pi&ugrave; vincenti nella storia del TT, rispettivamente con 26 e 23 vittorie. Ma anche piloti come Giacomo Agostini, 15 volte campione nel motomondiale, hanno partecipato e vinto. Lui ha trionfato qui 10 volte.  E proprio forse per ricordare i bei tempi ha deciso di ritornare sull&rsquo;isola, questa volta per&ograve; insieme a degli amici. Stefano Domenicali, CEO della F1, Gerhard Berger, ex pilota di F1, HRH Salman, Paolo Campinoti, proprietario del team Pramac e lo sceicco Abdullah Al Khalifa.     &nbsp;   &nbsp;  &nbsp;    &nbsp;     Visualizza questo post su Instagram   Un post condiviso da FORMULA 1&reg; (@f1)      Al Tourist Trophy in moto   Personaggi della F1 e della MotoGP insieme come dei semplici amici di vecchia data, per vivere un&#39;esperienza unica. Un viaggio affrontato in sella a delle bellissime MV Agusta F3 e F4 e reso pubblico con una foto di gruppo sui social.  Nel post Domenicali scrive: &ldquo;Fantastico essere con la leggenda del motociclismo Giacomo Agostini per rendere omaggio alle sue 10 vittorie al TT, insieme agli amici Stefano Domenicali, Gerhard Berger, HRH Salman, Paolo Campinoti, lo sceicco Abdullah Al Khalifa&rdquo;.  Una vacanza quella che hanno fatto prima della ripresa delle varie competizioni. Il calendario della MotoGP questo weekend &egrave; fermo invece quello della Formula uno &egrave; in scena la gara cittadina nelle strade di Baku. 

Il CEO della F1 ha intrapreso un viaggio in moto per raggiungere il mitico evento inglese

Stefano Domenicali e Giacomo Agostini in moto al Tourist Trophy

        Aleix Espargar&ograve; con l&rsquo;errore nella gara di casa festeggiando un giro prima della fine, ha riaperto i file delle esultanze anticipate. Brutto l&rsquo;errore del catalano che aveva in mano il secondo posto alle spalle di Quartararo dopo una bella bagarre per tutta la gara con Jorge Martin. Il pilota Aprilia per&ograve; pu&ograve; &ldquo;consolarsi&rdquo;, se cos&igrave; si pu&ograve; dire, perch&eacute; altri illustri colleghi lo hanno preceduto in questa topica: Pierfrancesco Chili, Luca Scassa, Julian Simon, Riccardo Russo, Alex Rins, Pol Espargar&ograve; e Koen Meuffels.  CAN YOU BELIEVE IT?! @AleixEspargaro has stopped one lap too early and throws away a podium! #CatalanGP  pic.twitter.com/2qaYuffWTB &mdash; MotoGP&trade; (@MotoGP) June 5, 2022    I precedenti  Pierfrancesco Chili, 1992&nbsp; La Tigre di Bologna, il pilota italiano pi&ugrave; amato da tutti i ducatisti insieme a Giancarlo Falappa, ha sulla coscienza il peso di essere stato il primo pilota a cadere vittima dell&rsquo;esultanza anticipata. Siamo a Jerez nel 1992 durante il Gran Premio di Spagna del Motomondiale classe 250. Frankie &egrave; in lotta per il podio quando arriva sul traguardo prima dell&rsquo;ultimo giro rallentando pensando che la gara fosse finita e quindi avesse centrato il podio. Sfortunatamente per lui mancava ancora un giro al traguardo. Chili chiude la gara al sesto posto, sfogandosi nel dopo gara in un pianto disperato per aver gettato alle ortiche un podio certo con una esultanza anticipata. Luca Scassa, 2008 Altro giro ed altro protagonista, suo malgrado, di questa topica. Luca Scassa, classe 83 ed esperienza da vendere, nel 2008 &egrave; in sella alla MV Agusta F4 1000 nel Campionato Italiano Velocit&agrave;. Luca porter&agrave; a casa il titolo ma il suo campionato &egrave; &ldquo;macchiato&rdquo; dalla topica dell&rsquo;esultanza anticipata. A Misano Luca domina la gara e sul traguardo decide di esultare impennando. Il problema &egrave; che impennando la velocit&agrave; si riduce e Scassa viene bruciato sul traguardo da Norino Brignola&hellip; Julian Simon, 2009 In questa &ldquo;speciale&rdquo; classifica c&rsquo;&egrave; anche Julito Simon. Nel 2009 Julian torna in 125 dopo l&rsquo;esperienza della 250 l&rsquo;anno prima per provare a vincere il titolo mondiale. 14 giugno, Gran Premio di Catalunya sul tracciato del Montmel&ograve;. Julian Simon &egrave; in testa alla gara quando passa sul traguardo esultando come se la gara fosse finita non accorgendosi che mancava ancora un giro alla fine della gara. Il buon Julian riuscir&agrave; comunque a chiudere in quarta posizione. Di quella gara, oltre alla figuraccia di Simon, si ricorder&agrave; anche la celebre &ldquo;che pistola&rdquo; rivolta allo spagnolo da Guido Meda, all&rsquo;epoca telecronista del Motomondiale per Mediaset. Riccardo Russo, 2012 Il pilota di Maddaloni, oggi fermo dopo un incidente stradale nel quale &egrave; stato coinvolto ad inizio anno, nel 2012 correva nella Stock 600 del CIV. Mugello, quinto round del CIV classe Stock 600. Russo, dopo aver vinto la gara il giorno prima, voleva chiudere in bellezza il weekend in toscana ed ipotecare il titolo di categoria. Passato in testa alla gara, sul rettilineo rallenta ed esulta come se avesse vinto, con il pubblico che lo esortava a continuare perch&eacute; mancava ancora un giro alla fine. Per la cronaca la gara &egrave; stata vinta da Alessandro Nocco con la Kawasaki mentre Russo ha chiuso addirittura 14&deg;. Alex Rins, 2014 L&rsquo;attuale pilota Suzuki &egrave; caduto nella trappola del festeggiamento anticipato a Brno nel 2014 quando ancora militava in Moto3. Lo spagnolo, transitato sul traguardo del penultimo giro in prima posizione, ha festeggiato con un giro di anticipo chiudendo la gara al nono posto e consegnando la vittoria ad Alexis Masbou. Pol Espargar&ograve;, 2019&nbsp; La famiglia Espargar&ograve; sa cosa vuol dire festeggiare in anticipo un risultato in gara. Se lo ricorda il pi&ugrave; giovane dei due, Pol. Gran Premio di Spagna, Pol su KTM &egrave; al penultimo giro e precede Jorge Lorenzo con la Honda Repsol. Il catalano taglia il traguardo del penultimo giro e festeggia per l&rsquo;arrivo in P12 davanti al maiorchino, senza accorgersi per&ograve; che la gara andava ancora avanti. Risultato? Lorenzo davanti e Pol dietro Koen Meuffels, 2020&nbsp; Il pilota olandese del team Motoport Kawasaki in Supersport 300, &egrave; stato protagonista, suo malgrado della topica dei festeggiamenti anticipati. Lo sfortunato olandese pensava fosse all&rsquo;ultimo giro nella gara della Supersport 300 ad Aragon quando ha alzato il braccio in segno di esultanza per un secondo posto, non accorgendosi che mancava ancora un giro alla fine.       

Lo spagnolo di Aprilia riapre, suo malgrado, il topic delle esultanze anticipate con i festeggiamenti per un secondo posto di Barcellona un giro prima della fine. Ma pu&ograve; consolarsi perch&eacute; &egrave; in buona compagnia

MotoGP, Aleix Espargaro e la gaffe delle esultanze anticipate

        Conosciuto dal grande pubblico per aver recitato nella sit-com &ldquo;Il Principe di Bel-Air&rdquo;, Will Smith &egrave; diventato con merito un grande attore cinematografico, e proprio oggi &egrave; al centro delle polemiche, per aver risposto in maniera aggressiva ad una battuta infelice del comico Chris Rock. Poco prima, tra l&rsquo;altro, di uno dei momenti pi&ugrave; importanti della sua carriera: la vittoria del suo primo Oscar. L&rsquo;attore alla guida delle due ruote sul set  Nella sua lunga carriera Smith ha interpretato diversi personaggi in film d&rsquo;azione e non solo, e non ha mai nascosto la sua passione per le due ruote. Per quei brividi che si provano alla guida e quella sensazione impagabile. In diversi film l&rsquo;abbiamo visto alla guida delle amate due ruote: dalla MV Agusta F4 in "Io, Robot" alla Honda CRF 250 in "Gemini Man", per passare anche alla Harley Davidson (adibita a sidecar) in "Bad Boys". Il video di Diggia  Dal canto suo &egrave; anche piuttosto amato nell&rsquo;ambito MotoGP, tanto che lo scorso dicembre il debuttante Fabio Di Giannantonio ne us&ograve; l'immagine per annunciare al mondo intero con quale numero avrebbe corso nel 2022 nella top class. Con il &ldquo;suo&rdquo; 21 gi&agrave; assegnato a Franco Morbidelli, il romano scelse il 49 e lo comunic&ograve; prendendo in prestito una scena del film &ldquo;Men in black&rdquo; impersonificando, in qualche modo, Will Smith. Una maniera del tutto originale e simpatica, usando una scena celebre, con il grande attore che speriamo di vedere presto nel paddock del Mondiale. Chiss&agrave;, magari propio nel Circuito delle Americhe la prossima settimna.. Jorge Lorenzo: "Honda unica MotoGP con problemi di high-side"       

L&rsquo;attore americano ha guidato diverse moto nella sua carriera cinematografica e il romano lo tir&ograve; in ballo quando dovette comunicare il nuovo numero...

Will Smith: la passione per le moto e il suo richiamo in MotoGP

Correre in moto fa ormai rima con tecnologia e sicurezza ai massimi livelli, eppure non &egrave; sempre stato cos&igrave;, anche in tempi recenti.&nbsp;Basta spulciare nel web per trovare svariate prove di quanto scritto, una tra queste la Motovelocidad Valle Cerrito, competizione svolta fino ai giorni nostri in Colombia.  Prove Amarcord: la MV Agusta F4 312 R Unionbike Gimotorsports  Tra palazzi e marciapiedi   Niente cordoli, niente ghiaia n&eacute; tantomeno vie di fuga: la pista - se cos&igrave; possiamo chiamarla - &egrave; la strada urbana utilizzata quotidianamente dalla popolazione con i tifosi a guardare i piloti non dagli spalti ma da vicino, vicinissimo, anche troppo.  Le moto utilizzate non sono certo delle MotoGP, ma delle motocicliette di piccola cilindrata che consentono ai piloti di mettere in pratica manovre incredibili, ma assolutamente da non prendere come esempio quando si circola sulla strada. Come direbbero nel Wrestling: &ldquo;Don&rsquo;t try this at home&rdquo;.  Ecco un video della Motovelocidad Valle Cerrito risalente al 2015:   

Conoscevate questa folle competizione? Ve la facciamo scoprire noi, con questo video risalente al 2015

Motovelocidad Valle Cerrito, una delle gare pi&ugrave; pazze di sempre

        Il Team UnionBike Gimotorsports, capitanato da Gigi D&rsquo;Esposito, schier&ograve; al via del campionato italiano Superstock 2008 la MV F4 R 312 preparata con accuratezza tale da garantirsi la costante presenza nei primi dieci in classifica. Come noto l&rsquo;elaborazione permessa dal regolamento Stock era molto limitata e per la prestazione tanto dipende dal progetto di base, progetto che nel caso di MV dimostr&ograve; di essere ancora valido nonostante gli anni che passano. Talmente valido che per il 2009 si decise di ritentare l&rsquo;avventura della Coppa del Mondo, affidando la MV ufficiale al giovane talento Davide Giugliano e all&rsquo;inglese Alex Lowes. Se la ciclistica veniva affidata alle sapienti mani di &ldquo;Pedro&rdquo; Palladino del reparto corse Marzocchi la preparazione del quattro cilindri a valvole radiali avveniva all&rsquo;interno del team. Sulla meccanica era stata svolta un&rsquo;opera di &ldquo;blue printing&rdquo; estesa, lavorando anche sulla guarnizione di testa per aumentare per quanto possibile il gi&agrave; alto rapporto di compressione. Prove Amarcord: la Yamaha R6 del Team Lorenzini &nbsp; Potenza "controllata"   L&rsquo;adozione di un filtro aria BMC e dello scarico completo Arrow garant&igrave; un discreto aumento di potenza massima nell&rsquo;ordine dei 182-187 CV alla ruota. Il picco di potenza poteva variare in funzione delle diverse configurazioni che cambiavano da circuito a circuito. Gran parte del lavoro effettuato dal team riguard&ograve; l&rsquo;elettronica. Nel 2008 venne utilizzata una centralina Magneti Marelli che permise ai tecnici di lavorare su molti parametri, in modo da migliorare non tanto la potenza massima quanto l&rsquo;erogazione. L&rsquo;obiettivo era eliminare un fastidioso effetto &ldquo;apri /chiudi&rdquo; che si verificava attorno ai 7.000 giri /min, proprio il regime in cui spesso si ritrova il motore in piena percorrenza di curva quando il pilota riprende il gas in mano. Qualche grattacapo per i tecnici proveniva dalle carenature che, essendo molto estese, permettono una ottima efficienza aerodinamica, ma limitavano lo spazio per i radiatori e soprattutto non permettevano una corretta estrazione del calore prodotto dal propulsore. Venne quindi installato un radiatore supplementare per l&rsquo;acqua, anche se l&rsquo;ottimale sarebbe stato un radiatore per l&rsquo;olio non permesso per&ograve; dal regolamento. Per massimizzare la superficie di scambio termico con l&rsquo;aria erano state adottate dove possibile anche tubazioni in alluminio. Il peso della moto era tutto sommato contenuto, in ossequio al regolamento si pu&ograve; scendere di 12 kg sul valore dichiarato a secco. La F4 denunciava 184 kg in ordine di marcia, allineata in pratica alle concorrenti a 4 cilindri. Il team lavor&ograve;, nei limiti permessi dal regolamento, anche sulla frizione antisaltellamento di serie in modo da migliorarne il funzionamento, vennero sostituiti i dischi di attrito nonch&eacute; le molle di contrasto per variare secondo le esigenze la soglia di intervento del limitatore di coppia. &nbsp; Migliorata    Dico spesso che fra le voci che un team deve tener conto nello sviluppo di una moto figura al primo posto il "comfort" del pilota. Per "comfort" intendo dire la facilit&agrave; con cui il pilota pu&ograve; gestire la moto e soprattutto il motore. Ebbene, provando la moto del 2009 mi sono trovato subito meglio. Stessa sella (un po' troppo scivolosa per me), stesse pedane, stesse sovrastrutture un po' troppo abbondanti che la fanno pi&ugrave; lunga delle avversarie giapponesi nel contatto del pilota, ma molto pi&ugrave; "confortevole&rdquo;, e quindi facile da guidare, perch&eacute; il "tatto" con il gas &egrave; migliorato rispetto all&rsquo;inizio del 2008. Un grande lavoro di sviluppo, non ancora portato a termine, come ho potuto constatare nel pomeriggio provando la moto "nera" di Giuliano, con la nuova elettronica, che &egrave; un ulteriore passo avanti. Tornando alla moto base, che &egrave; praticamente l'evoluzione finale del modello 2008, l'ho trovata pi&ugrave; confortevole perch&eacute; ora &egrave; un po' pi&ugrave; facile controllare il motore con il gas, quindi sta meglio in traiettoria e l'erogazione ai medi &egrave; meno violenta, anche se per me, dai 7 ai 10.000 giri, la MV rimane fin troppo rapida e aggressiva nel prendere giri, mentre dopo i 10.000 l'erogazione si appiattisce, spinge meno fi no agli 11.000, poi, anche se il limitatore &egrave; quasi a 13.000, per me conviene cambiare, non spinge tanto... O perlomeno non lo fa per come ti aspetteresti sentendola urlare! Tutto quel ben di Dio che il motore esprime dai 7 ai 10.000, fosse per me, lo sposterei pi&ugrave; in alto. In questo modo credo si semplificherebbe ulteriormente la vita del pilota, con una &ldquo;attacco&rdquo; meno violento alla riapertura del gas, con tutti i vantaggi che questo porta anche in termini di controllo della traiettoria. E con un allungo pi&ugrave; esteso vengono facilitati i sorpassi in fondo ai rettilinei, cosa che fa sempre comodo nelle bagarre in gara. Altro vantaggio da non trascurare sarebbe un miglior uso delle gomme. La tanta coppia ai medi, secondo me, le consuma in fretta nella prima parte di gara. Poche curve mi sono bastate per avvertire una moto molto pi&ugrave; &ldquo;racing&rdquo; della precedente. Questa 2009 &egrave; decisamente pi&ugrave; facile da far voltare in curva, tiene la corda egregiamente anche se entri pinzato e, finalmente, la risposta del gas &egrave; pi&ugrave; trattabile, dolce, a agli alti regimi l&rsquo;ho sentito pi&ugrave; &ldquo;libero&rdquo;, spinge meglio fra gli 11 e i 12.000 giri, dove l&rsquo;altro motore tendeva a piantarsi. Per farvi capire meglio la differenza, possiamo dire che la versione evoluta d&agrave; proprio l&rsquo;impressione di essere nata come moto da corsa, non come una stradale adattata alle corse... E l&rsquo;effetto non &egrave; dovuto solo al motore. Sappiamo tutti che la F4, di base, ha gi&agrave; un avantreno granitico e che tiene perfettamente la linea, un avantreno che manda sempre al pilota un segnale preciso su tutto quello che succede sotto la gomma. Ebbene, su questa seconda moto a questi pregi va sommata una migliore reattivit&agrave; e neutralit&agrave; nel seguire gli ordini del pilota, che si pu&ograve; anche permettere di buttarla gi&ugrave; con i freni ancora tirati, senza paura che si rifi uti di scendere o che venga meno la sensazione di &ldquo;solidit&agrave;&rdquo;. Si fa meno fatica, insomma... E allora torniamo al punto iniziale: moto pi&ugrave; &ldquo;confortevole per il pilota si traduce in moto pi&ugrave; veloce, perch&eacute; il suo pensiero non &egrave; bloccato dal motore troppo aggressivo nella risposta alla riapertura o da un avantreno pi&ugrave; pesante da mettere in piega...    Prove Amarcord: la Ducati 1098R F08 di Troy Bayliss           

La prova delle F4 ufficiali impegnate nella Coppa FIM Stock 1000 2008-2009. A cura di Randy Mamola&nbsp;

Prove Amarcord: la MV Agusta F4 312 R Unionbike Gimotorsports

Daniele Celani &egrave; il manager romano che ha condiviso la vittoria nella Superstock 1000 FIM Cup 2006 di Alex Polita, titolo che per il team fece il paio con il successo ottenuto un anno prima nei confini nazionali, nella stessa categoria. Da campione tricolore, il Team Celani Suzuki Italia sbaragli&ograve; la concorrenza pure in Europa, grazie a tre primi posti - Valencia, Monza e Misano - a cui vanno aggiunti i podi di Silverstone, Brands Hatch, Assen, Imola e Magny-Cours.  Alex Polita: &ldquo;In Superstock 1000 tenevo la Suzuki per le corna&rdquo;  &quot;Lavorammo duramente sulla GSX-R&quot;     A Brno il solo zero per la GSX-R numero 53, la quattro cilindri pi&ugrave; competitiva del lotto: &ldquo;Venivamo da una stagione vincente nel CIV, quando ci aggiudicammo la Stock 1000&rdquo; Celani rivive quegli anni. &ldquo;Avevamo lavorato parecchio per sistemare al meglio la nuova Suzuki GSX-R 1000. Tra le altre modifiche, ci fu il cambio di sospensioni, passando da White Power a &Ouml;hlins. Grazie a numerose sessioni di test, riuscimmo a trovare una messa a punto ottimale, bench&eacute; all&rsquo;epoca gli interventi concessi dal regolamento al modello di serie fossero limitati&rdquo;.  Quali furono gli interventi pi&ugrave; importanti?  &ldquo;La sostituzione delle cartucce forcella e il cambio di ammortizzatore posteriore, con i relativi settaggi. Lo scarico di serie venne rimosso, al suo posto un Arrow. La centralina standard lasci&ograve; spazio a una pi&ugrave; evoluta Yoshimura. Cambiammo la guarnizione di testa e rivedemmo i pistoni. La differenza era determinata da un grosso affinamento del pacchetto completo: il modello GSX-R di serie era gi&agrave; valido per andare forte in pista, noi vincemmo con la versione K6, la colorazione nera fu una mia idea, poi copiata da tanti&rdquo;.  Polita che pilota era?  &ldquo;Alex fu veloce e ci diede una bella mano nella messa a punto. Alle sue spalle c&rsquo;erano dei bravi tecnici: avevamo persone come Peppo Russo, bravissimo ed esperto conoscitore di modelli Suzuki. Inoltre, lo staff dei sospensionisti di Andreani fu di grande supporto. Chiaramente, in pista ci andava poi il pilota: Polita si dimostr&ograve; particolarmente meticoloso in tutti gli aspetti, si preparava bene negli allenamenti&rdquo;.  Quali avversari vi infastidirono di pi&ugrave;?  &ldquo;Ne ricordo tanti particolarmente competitivi, cito Claudio Corti con la Yamaha e Luca Scassa con la MV Agusta. Direi che R1 e F4 sono state le avversarie pi&ugrave; dure da affrontare, mentre le altre Suzuki rimanevano sempre molto indietro. La nostra GSX-R era sicuramente ben preparata, inoltre, nel team vigeva un clima sereno e dai toni del divertimento. Quando vanno bene le cose, tutto diventa pi&ugrave; semplice&rdquo;.  MotoGP, Capirossi: &ldquo;Nel 2007 faticavo con la Ducati, la Suzuki &egrave; pi&ugrave; facile&rdquo;  La doccia fredda di Magny Cours   Avete mai dubitato di farcela?  &ldquo;A Imola avevamo gi&agrave; festeggiato la vittoria del campionato, con tanto di celebrazione e convinzione di aver conquistato il titolo europeo Stock 1000. Il ricorso fatto contro la MV di Scassa sembrava ufficiale, invece, le cose andarono diversamente. L&rsquo;oggetto del ricorso si basava su un&rsquo;irregolarit&agrave; tecnica rilevata sulla moto di Luca: a Brands Hatch era palese che la sua F4 avesse un sistema di acquisizione dati, non ammesso dal regolamento. La gara inglese venne fermata e tutti i piloti ripresero la via dei box per un controllo, invece Scassa prosegu&igrave; verso il paddock. Il team aveva ricevuto una squalifica in prima istanza e, di conseguenza, a Imola la vittoria del titolo era nostra. Per la gioia, avevamo appiccicato il numero 1 al cupolino della Suzuki e le scritte celebrative sulle carene. Invece...&rdquo;.  Cosa avvenne?  &ldquo;In Francia arriv&ograve; la comunicazione: sulla griglia di partenza a Magny-Cours ci dissero che il ricorso ai danni di Scassa e della MV non era accolto al 100%, perci&ograve; c&rsquo;era il rinvio a giudizio. In pratica, non avevamo pi&ugrave; il titolo in tasca, anzi: fummo costretti a giocarci la vittoria finale, dato che era l&rsquo;ultima gara in calendario, in pi&ugrave; Alex soffriva dei postumi di un brutto infortunio rimediato in Germania e gli faceva ancora male uno scafoide. Gli avevo detto di arrivare almeno sul podio, ma Scassa ruppe, e la questione si risolse semplicemente&rdquo;.  Che significato ebbe quel successo?  &ldquo;La Stock 1000 era un bel campionato, che ha lanciato campioni, come Lorenzo Lanzi e Danilo Petrucci. Il livello era altissimo, le battaglie in pista fantastiche, regnavano divertimento e competitivit&agrave;. Con moto vicine ai modelli di serie, ogni team poteva partecipare evitando spese folli. E poi ospitava ragazzi da tutto il Mondo, dall&rsquo;Australia al Sud Africa, dall&rsquo;Olanda alla Turchia. Ma i migliori erano gli italiani&rdquo;.  E infatti, quel 2006 si chiuse con un pokerissimo azzurro in vetta: Polita, Corti, Scassa, Ayrton Badovini e Matteo Baiocco.  SBK, Max Biaggi: &quot;Nel 2007 in Suzuki inizi&ograve; la mia nuova vita&quot; 

Il manager ricorda il titolo della Superstock 1000 di Polita: &quot;A Imola eravamo convinti di aver chiuso i conti, ma la squalifica di Scassa a Brands Hatch venne azzerata, e allora la questione si risolse nella gara conclusiva in Francia. Sempre a nostro favore...&quot;

Daniele Celani e il titolo Superstock 1000 festeggiato... due volte

Koen Meuffels, pilota olandese del team Motoport Kawasaki in Supersport 300, &egrave; stato protagonista, suo malgrado della topica dei festeggiamenti anticipati. Lo sfortunato olandese pensava fosse all&rsquo;ultimo giro nella gara della Supersport 300 ad Aragon quando ha alzato il braccio in segno di esultanza per un secondo posto, non accorgendosi che mancava ancora un giro alla fine.&nbsp;  SSP300 Teruel, Gara 2: Buis vince e allunga, Meuffels esulta un giro prima  Il pilota Kawasaki per&ograve; pu&ograve; &ldquo;consolarsi&rdquo;, se cos&igrave; si pu&ograve; dire, perch&eacute; altri illustri colleghi lo hanno preceduto in questa topica: Pierfrancesco Chili, Luca Scassa, Julian Simon e Riccardo Russo.&nbsp;  Pierfrancesco Chili, 1992&nbsp;   La Tigre di Bologna, il pilota italiano pi&ugrave; amato da tutti i ducatisti insieme a Giancarlo Falappa, ha sulla coscienza il peso di essere stato il primo pilota a cadere vittima dell&rsquo;esultanza anticipata. Siamo a Jerez nel 1992 durante il Gran Premio di Spagna del Motomondiale classe 250. Frankie &egrave; in lotta per il podio quando arriva sul traguardo prima dell&rsquo;ultimo giro rallentando, pensando che la gara fosse finita e che quindi avesse centrato il podio.  Sfortunatamente per lui mancava ancora un giro al traguardo. Chili chiuder&agrave; la gara al sesto posto, sfogandosi nel dopo gara in un pianto disperato per aver gettato alle ortiche un podio certo con una esultanza anticipata.&nbsp;  Luca Scassa, 2008   Altro giro ed altro protagonista, suo malgrado, di questo piccolo inconveniente. Luca Scassa, classe 83 ed esperienza da vendere, nel 2008 &egrave; in sella alla MV Agusta F4 1000 nel Campionato Italiano Velocit&agrave;. Luca porter&agrave; a casa il titolo ma il suo campionato &egrave; &ldquo;macchiato&rdquo; dalla topica dell&rsquo;esultanza anticipata. A Misano domina la gara e sul traguardo del penultimo giro decide di esultare impennando. Risultato? Scassa viene bruciato sul traguardo da Norino Brignola&hellip;  Julian Simon, 2009     In questa &ldquo;speciale&rdquo; classifica c&rsquo;&egrave; anche Julito Simon. Nel 2009 Julian torna in 125 dopo l&rsquo;esperienza della 250 l&rsquo;anno prima per provare a vincere il titolo mondiale. 14 giugno, Gran Premio di Catalunya sul tracciato del Montmel&ograve;.  Julian Simon &egrave; in testa alla gara quando passa sul traguardo esultando come se la corsa fosse finita, senza accorgersi che mancava ancora un giro alla fine della gara. Il buon Julian &egrave; riuscito comunque a chiudere in quarta posizione, ma di quella gara, oltre alla figuraccia di Simon, ci si ricorda ancora anche del celebre epiteto rivolto allo spagnolo da Guido Meda, all&rsquo;epoca telecronista del Motomondiale per Mediaset.&nbsp;  Riccardo Russo, 2012     Il pilota di Maddaloni, oggi fermo dopo un incidente stradale nel quale &egrave; stato coinvolto ad inizio anno, nel 2012 correva nella Stock 600 del CIV. Mugello, quinto round del CIV classe Stock 600. Russo, dopo aver vinto la gara il giorno prima, voleva chiudere in bellezza il weekend in toscana ed ipotecare il titolo di categoria. Passato in testa alla gara, sul rettilineo ha rallentato ed esultato come se avesse vinto, con il pubblico che lo esortava a continuare perch&eacute; mancava ancora un giro alla fine. Per la cronaca la gara &egrave; stata vinta da Alessandro Nocco con la Kawasaki mentre Russo ha chiuso addirittura 14&deg;.  Fateci sapere nei commenti se vi viene in mente qualche altro episodio eclatante! 

Nell&#39;ultimo Round della SSP300, l&#39;olandese ha riaperto, suo malgrado, la topica delle esultanze anticipate, festeggiando il secondo posto di Aragon un giro prima della fine. Non proprio il massimo, ma Koen pu&ograve; consolarsi perch&eacute; &egrave; in buona compagnia

Meuffels e la gaffe delle... esultanze anticipate - VIDEO

&quot;Ruote da Sogno&quot; non smentisce il suo nome, continuando a regalare agli appassionati vere e proprie perle, che hanno fatto sognare intere generazioni. Tra queste, la Cagiva C587 con cui il francese Raymond Roche corse il campionato nel 1987 insieme al belga Didier De Radigu&egrave;s.  L&#39;esemplare messo in vendita nello showroom emiliano non &egrave; restaurato, ma &egrave; conservato in maniera accuratissima, come dimostra un video pubblicato dallo stesso rivenditore.    Testimone di un&#39;epoca in cui la Casa varesina lottava nel Motomondiale contro le giapponesi, la Cagiva di Roche&nbsp;&egrave; venduta alla cifra di 118.000 euro. Un prezzo non proprio per tutti, ma ampiamente giustificato dalla possibilit&agrave;, pi&ugrave; unica che rara, di poter parcheggiare nel proprio garage una 500 da competizione marchiata Cagiva.  Forcellone &quot;a banana&quot;, musica pop e 145 CV   Roche ha gi&agrave; una grande esperienza nel Motomondiale, avendo corso per Yamaha, Suzuki e Honda (miglior risultato 3&deg; con la Casa dell&#39;Ala nel 1984), quando nel 1987 firma per Cagiva. Lo staff dell&#39;Elefantino gli mette a disposizione una moto che davanti vuole sperimentare con le nuove forcelle rovesciate Ohlins da 42 mm ma che poi desiste, optando per le pi&ugrave; tradizionali Marzocchi M1 regolabili e antidive. Dietro, per&ograve;, &egrave; ben altra storia: C587 &egrave; infatti una delle primissime moto ad avere il forcellone &quot;a banana&quot;, per consentire un passaggio pi&ugrave; agevole dei due scarichi dallo stesso lato.  Scarichi da cui esce tutta la potenza del quadricilindrico 2T a V che spinge la moto ed eroga 145 CV a 11.800 giri/min. Il peso non arriva a 125 kg, mentre la carenatura, ridisegnata rispetto al modello precedente - la C10 -, &egrave; completamente aperta nella zona posteriore, e davanti ospita il curioso e iconico sponsor belga Discover Bastos, una collezione in vinili e cassette di musica pop.    Cagiva Ferrari F4: il sogno in Rosso  La 500 che ha &quot;ballato poco&quot;   Musica presente sulla carenatura rosso fiammante della 500 GP, ma che ha suonato ben poco in pista. Per le prime tre gare infatti, in Giappone, Spagna e Germania, Roche &egrave; salito ancora in sella alla C10, ottenendo un 10&deg; posto e 2 ritiri.&nbsp;Il debutto della C587 &egrave; arrivato col quarto appuntamento del calendario, a Monza, il 24 maggio &#39;87, con il pilota transalpino giunto nono al traguardo. Seguiranno poche soddisfazioni e altri 7 ritiri, con Roche che si consola con i due quinti posti ottenuti a Rijeka (nell&#39;allora Jugoslavia) e Buenos Aires, terminando al 13&deg; posto della classifica finale un&#39;annata caratterizzata dal fatto che il team belga Alstare, che gestiva Cagiva nelle corse, tendeva inevitabilmente verso il connazionale De Radigu&egrave;s (che comunque con 21 punti finali non arriv&ograve; neanche lui tra i primi dieci).  La Cagiva C587 smise di ballare subito, ma nel frattempo a San Marino era appena nato il Centro Ricerche Cagiva, in cui Tamburini e i suoi uomini stavano gi&agrave; progettando il rilancio sportivo e non solo di Ducati, allora interna all&#39;universo Cagiva. E a beneficiarne pi&ugrave; di tutti fu proprio Roche, che nel 1990 port&ograve; la Ducati 851 al trionfo nel mondiale Superbike, primo titolo sportivo di sempre nella storia di Borgo Panigale.  Trent&#39;anni fa: Roche e Ducati, doppietta antipasto di titolo SBK 

L&#39;esemplare con cui il pilota francese corse nella classe 500 del Motomondiale, nel 1987, &egrave; disponibile presso &quot;Ruote da sogno&quot;, a 118.000 euro

Cagiva: &egrave; in vendita la C587 di Raymond Roche

Penisola Iberica e tour estivo nel Sud Europa. La SBK 2020 riparte dalla Spagna, prosegue in Portogallo e torna in Spagna per altre due volte.&nbsp;  Con un gran lavoro riorganizzativo, Dorna ha creato una bozza di calendario - provvisoria - comunque attendibile, andando sul &quot;sicuro&quot;, ovvero, dove l&#39;organizzazione sa gi&agrave; come muoversi per allestire weekend di gare che rispettino le norme dettate dalla pandemia Covid-19.  Il primo appuntamento della ripartenza - nel computo della stagione sar&agrave; il secondo, considerando ii grande inizio di Phillip Island - sar&agrave; a Jerez de la Frontera, Andalusia. Nei giorni 1 e 2 agosto, le classi Superbike, Supersport 600 e Supersport 300 riaccenderanno i motori, con i rispettivi leader di classifica a difendere il primato: Alex Lowes e Andrea Locatelli, mentre per la piccola cilindrata sar&agrave; il debutto ufficiale.  Essendo l&#39;Angel Nieto non poi cos&igrave; distante dal circuito dell&#39;Algarve, lo spostamento a Portimao &egrave; pi&ugrave; che sensato. Terza tappa 2020 in Portogallo, nel bellissimo saliscendi situato nel Sud del Paese. Da Siviglia al circuito ci sono circa tre ore di auto, piloti e addetti ai lavori si sposteranno tra un round e l&#39;altro via terra.  Un piccolo break e nuovamente la Spagna, in questo caso nel deserto nei pressi di Alcaniz. Il tecnico Motorland di Aragon ospiter&agrave; l&#39;evento alla fine del mese di agosto, partendo da venerd&igrave; 28 a domenica 30. Camion e materiale partiranno dal Portogallo e giungeranno in loco nel tempo utile previsto per spostamenti ed allestimenti nel paddock.  La volont&agrave; di inserire le gare di Barcellona a settembre, nel weekend del 18 e 19. Il circuito del Montmel&ograve; &egrave; una primizia nell&#39;ambito delle derivate di serie mondiali e i piloti sono tutti entusiasti di poterci correre. Qualora non fosse possibile organizzare tutto per settembre, la possibilit&agrave; ricadr&agrave; nel mese di ottobre, circa 30 giorni dopo.  Per ulteriori date, Dorna e Pirelli stanno continuando a lavorare. Giorgio Barbier, responsabile di pista della Casa milanese di pneumatici, &egrave; ottimista: &quot;Innanzitutto, &egrave; bello vedere che le cose stiano tornado progressivamente alla propria normalit&agrave; - spiega - e, nonostante la pausa forzata, proporremo il miglior spettacolo possibile. L&#39;obiettivo &egrave; di totalizzare nove round, possibilmente portando il pubblico in pista nei circuiti che necessitano di questa condizione. Dovremo attendere le varie disposizioni locali. Tra questi impianti, cito Misano, tappa a cui noi teniamo molto. Speriamo di poterci correre&quot;.  &quot;Per quanto riguarda gli pneumatici sappiamo che in estate nella Penisola Iberica far&agrave; molto caldo, con temperature di asfalto a toccare i 60 gradi, In questo senso, porteremo ai piloti soluzioni e specifiche di gamma ad hoc, per garantire tenuta alla gomma anteriore e durata alla posteriore. In pista vedremo tutte e tre le classi, questa &egrave; una ulteriore buona notizia di come team e piloti abbiano reagito negli ultimi mesi&quot;.  Calendario provvisorio 2020 SBK   28 febbraio-1 marzo, Phillip Island (disputata da Superbike e Supersport 600)  1-2 agosto,&nbsp; Jerez de la Frontera (Superbike, Supersport 600 e 300)  8-9 agosto, Portimao (Superbike, Supersport 600 e 300)  29-30 agosto, Aragon (Superbike, Supersport 600 e 300)  19-20 settembre, Barcellona (Superbike, Supersport 600 e 300)  in attesa di ricollocazione: Misano, Magny - Cours, Donington e Assen  MV Agusta: la F4 torner&agrave; anche in SBK 

La bozza del calendario rivisto prevede Jerez, Portimao, Aragon e Barcellona. L&#39;obiettivo di Dorna e Pirelli &egrave; disputare almeno nove round, includendo Misano&nbsp;

SBK 2020, si riparte dalla Spagna

Randy Krummenacher &egrave; svizzero, ma vive nei pressi del Lago Trasimeno insieme alla sua famiglia, che lo accompagna in ogni round del mondiale Supersport.  Il campione in carica della 600 ha vissuto un 2019 foriero di grandi soddisfazioni. Oltre alle quattro vittorie di tappa e ai quattro podi, &egrave; arrivato per lui il titolo finale, dopo una lotta interna nel team Evan Bros, in cui la Yamaha R6 numero 21 ha avuto la meglio.  Nel frattempo, sono cambiate almeno un paio di cose: da giapponese, la cavalcatura di &quot;Krummenator&quot; &egrave; diventata italiana. E, per coronare il passaggio da quattro a tre cilindri, Randy ha mantenuto il numero pi&ugrave; ambito: &quot;Ora corro con MV Agusta, ho voluto questa moto e sono contento della scelta. Ho voluto il numero 1 e lo tengo, perch&eacute; &egrave; una bellissima cosa e poi, non si sa mai quando potrebbe ancora capitare di ottenerlo&quot;.  MV Agusta: la F4 torner&agrave; anche in SBK  Il trentenne di Gossau ha, tra l&#39;altro, portato con s&eacute; alcuni membri dello staff vincente dello scorso anno: &quot;S&igrave;, perch&eacute; mi sono trovato bene con loro e mi ci trovo bene tuttora. Capotecnico, meccanico, elettronico. L&#39;atmosfera in seno alla squadra &egrave; bella, tra di noi ci si aiuta. Siamo in tre piloti, tra cui Raffaele De Rosa, molto veloce e pure una brava persona. Possiamo collaborare insieme&quot;.  Guardate il video per l&#39;intervista completa!    Leandro Mercado e il suo viaggio dall&#39;Argentina al mondiale SBK 

Randy &egrave; il campione del mondo in carica della classe Supersport 600: &quot;Ho tenuto con me alcuni ragazzi con cui ho vinto il titolo in Evan Bros Yamaha, perch&eacute; mi trovo bene con loro&quot;

Sprint Decisivo,&nbsp;Krummenacher: &ldquo;Ho voluto numero 1 e MV Agusta&rdquo;

Dopo la ristrutturazione aziendale, la Casa di Schiranna sembra essersi messa alle spalle i giorni di crisi e guarda al futuro con ritrovato ottimismo.  Grazie a nuovi innesti ai vertici,&nbsp;all&#39;accordo con Loncin, che dar&agrave; vita a 4 nuovi modelli di fascia premium&nbsp;probilmente in arrivo alla fine del 2021,&nbsp;alla Superveloce 800 in cerca di applausi con la Serie Oro e la versione Rosso. Senza scordare poi che Brutale 1000 e Rush, sono anche loro in procinto di arrivare in vetrina.  &quot;Per la prima volta nella sua storia, MV Agusta ha un suo piano - ha dichiarato il CEO Timur Sardarov, a MCN -. Siamo appena usciti da una crisi, e sar&agrave; fondamentale concentrarci sul marchio, importante, quanto iconico&quot;.  Sprint Decisivo, Krummenacher: &ldquo;Ho voluto numero 1 e MV Agusta&rdquo;  Torna la F4   Parte di questo piano riguarda anche il futuro ritorno sul progetto F4, la sportiva con motore 4 cilindri, che sembrava finita nel dimenticatoio gi&agrave; da qualche stagione.  A parlarne &egrave; proprio Sardarov, che prevede di rimettere mano al progetto entro il prossimo lustro, per portare la moto su strada e, in pista, in Superbike: &quot;La nostra piattaforma F4 &egrave; stata interrotta, ma la riprenderemo entro cinque anni - ha spiegato il CEO -. Un progetto che vedr&agrave; un rientro anche nella serie Superbike&quot;. Non vediamo l&#39;ora.  Il futuro di Petrucci in SBK: il paddock la pensa cos&igrave; 

Il CEO della Casa varesina ha dichiarato che il progetto della sportiva avr&agrave; un futuro sia su strada che tra le derivate di serie

MV Agusta: la F4 torner&agrave; anche in SBK

Lutto nel mondo dei motori, per la scomparsa di Giorgio Nada, il &quot;pap&agrave;&quot; dell&rsquo;omonima Casa Editrice specializzata nel motorismo e che dal 1988 ad oggi ha pubblicato oltre 1.000 titoli: monografie dedicate a Case automobilistiche e motociclistiche o ai singoli modelli che hanno fatto la storia, e poi tanti libri che narrano le gesta di grandi campioni, volumi e collane sui massimi campionati, compreso il libro ufficiale del mondiale Superbike, raccontato dai puntuali testi di Claudio Porrozzi - il padre del nostro Direttore - con le foto del fratello Fabrizio Porrozzi.  Un gentleman con la passione dei motori   Giorgio Nada se n&rsquo;&egrave; andato all&rsquo;et&agrave; di 77 anni per una polmonite batterica, dopo essere sopravvissuto al Coronavirus. La notizia della sua scomparsa ha suscitato nel giro di poche ore centinaia di messaggi e di testimonianze di affetto sul suo profilo social.  Il suo sorriso gentile, la sua voce pacata, i suoi modi da gentleman hanno costruito in chi lo ha conosciuto un ricordo indelebile. Viveva fra i suoi libri, che curava con cuore e sentimento, sapendo di realizzare opere preziose e destinate a durare nel tempo. Curava ogni edizione con amore, come se ciascuno dei suoi libri avesse la missione di tramandare e alimentare la passione per i motori, e di divulgarla in chi ancora non l&rsquo;avesse scoperta dentro di s&eacute;.  Le pubblicazioni di Giorgio Nada editore raccontano storie di sport, di personaggi, di aziende, di design, di costume: un archivio di sapere immenso.  Amava l&rsquo;editoria e amava i motori, Giorgio Nada, e di questo connubio &egrave; stato tanto bravo da farne un lavoro. Cos&igrave; da potercisi dedicare in ogni momento della sua giornata. La sede della sua casa editrice, a Vimodrone, in provincia di Milano, &egrave; come un parco giochi per chi ama i libri e le corse: ci sono titoli sugli argomenti pi&ugrave; disparati e nel suo magazzino le opere sono catalogate e archiviate con la cura necessaria per poterle inviare celermente a chi le richieda. E si respira l&rsquo;aria buona della carta stampata, quell&rsquo;odore di libro nuovo, di carta patinata intrisa di inchiostro che ci riporta indietro nel tempo.    La storia   &Egrave; il 1973 quando Giorgio Nada acquisisce nel centro di Milano, in corso Venezia al n. 43, nello storico palazzo dell&#39;ACI a pochi passi da piazza San Babila e dal Duomo, la &quot;Libreria dell&#39;Automobile&quot;. Un piccolo negozio, gi&agrave; noto agli appassionati di auto e di motori, che importa, acquista e vende volumi italiani e stranieri, legati al mondo delle quattro e delle due ruote.  Vendere libri &egrave; bello ma ancor pi&ugrave; &egrave; produrli con un proprio marchio: nel 1977 appare sul mercato un volume destinato a diventare quello di maggior successo della futura Casa editrice. Si intitola &quot;Moto Guzzi&rdquo; e sul frontespizio figura la scritta &quot;Edizioni La Libreria dell&#39;Automobile&quot;.  Alla fine del 1987 Giorgio Nada scorpora l&#39;attivit&agrave; della Libreria dell&#39;Automobile da quella prettamente editoriale. Nasce l&#39;omonima Casa Editrice. Dal 1988 ad oggi sono oltre 1000 i titoli pubblicati in ambito motoristico. Dal 2006 &egrave; nata una partnership editoriale e commerciale tra Giorgio Nada Editore e Giunti, storico editore italiano.    &ldquo;Il motorismo &egrave; arte&rdquo;   &ldquo;Gli appassionati di storia dell&rsquo;automobile e i collezionisti ci saranno sempre, anche perch&eacute; per certi aspetti alcuni ambiti legati alla storia del motorismo possono essere considerati come una forma d&rsquo;arte. Non dimentichiamo che l&rsquo;Italia ha avuto alcuni tra i pi&ugrave; grandi designer e tra i migliori tecnici, sia per quanto riguarda le auto stradali che quelle da corsa&rdquo;, diceva Giorgio Nada meno di tre mesi fa in un&rsquo;intervista con il portale Raccontaunlibraio.com  &ldquo;Il nostro compito &egrave; di proporre sempre argomenti interessanti con particolare attenzione all&rsquo;estro e all&rsquo;intelligenza italiana. Per concludere, posso dire che il successo della mia professione lo devo molto anche alla mia famiglia con la quale condivido le diverse attivit&agrave;: mia moglie Silvia si occupa della libreria e degli ordini online cos&igrave; come del sito della societ&agrave;, mentre mio figlio Sergio &egrave; responsabile del negozio di corso Venezia ed &egrave; diventato un ottimo libraio. Infine c&rsquo;&egrave; mio figlio Stefano che, oltre a seguire la parte commerciale della casa editrice, si occupa di tutte le fiere di settore, nonch&eacute;, insieme a Sergio, della ricerca e acquisto di libri rari o da collezione&rdquo;.  Alla famiglia di Giorgio Nada, le condoglianze di Motosprint.  Cagiva Ferrari F4: il sogno in Rosso 

Il fondatore della casa editrice motoristica &egrave; mancato a 77 anni. In trent&rsquo;anni di attivit&agrave; ha pubblicato oltre 1.000 titoli, compreso il libro ufficiale del mondiale Superbike

Addio a Giorgio Nada

Otto aprile 1990, ottovolante di Laguna Seca. Giochi di numeri e parole per descrivere la doppietta americana siglata dagli idoli dei tifosi locali, che hanno applaudito e festeggiato le gesta di Rainey in 500 e Kocinski nella dueemmezzo.  Wayne e John, due caratteri diversi, medesimo team, quello del connazionale Kenny Roberts, che aveva fatto appiccicare sulle Yamaha quattro e due cilindri alcuni bei adesivi con le scritte Marlboro.  Il munifico sponsor tabaccaio alimentava le attivit&agrave; manageriali del Marziano, in un collegamento diretto con Iwata. Siglare una doppia vittoria in casa, nella pista in cui egli era cresciuto, di fronte ai responsabili Phillip Morris decret&ograve; la squadra USA con base in Europa come la pi&ugrave; competitiva del Motomondiale. E, al termine della stagione, la soddisfazione divenne enorme: titolo vinto e... titolo vinto. Proprio grazie a Rainey e Kocinski, cos&igrave; diversi, cos&igrave; simili.  Classe 250: &ldquo;Little&rdquo; John Kocinski iniziava a diventare &ldquo;Big&rdquo; John   Scleravano tutti e non poco, perch&eacute; Kocinski era davvero originale. Poteva essere (in parte) accettata la sua scenetta coi pupazzi sulla griglia di partenza, non era tollerato l&rsquo;aspirapolvere acceso nel bel mezzo della notte: &ldquo;Ehm, mi sono ricordato di quello sporco lasciato in quell&rsquo;angolo del motorhome, pensavo di rimuoverlo&rdquo;...  Ma Kenny aveva ragione. John era forte e prometteva bene. Il giovane pilota dell&rsquo;Arkansas - Little Rock - poteva diventare uno dei pi&ugrave; grandi. I successi datati 1989 in Giappone e a Laguna Seca rappresentavano l&rsquo;antipasto 1990, anno in cui il numero 19 vinse il titolo della 250 Grand Prix, classe perfetta per il suo stile di guida.  Lo striscione di affermazioni cominci&ograve; proprio nei pressi di Monterey, ad un passo dalla casa di Rainey. Scattato dalla terza casella, Kocinski lott&ograve; con Roth, Zeelemberg e Cadalora, poi li salut&ograve;.   Lo sbandieratore ne sanc&igrave; il primo posto con un vantaggio di circa 10 secondi su Luca, talento italiano che raccolse fortune nella quarto di litro. Ma in quella domenica primaverile californiana, la Yamaha rivale, guidata dall&rsquo;americano, si dimostr&ograve; irresistibile, in traiettorie percorse a memoria.   Kocinski rimedi&ograve; all&rsquo;opaca prestazione inaugurale di Suzuka e, da l&igrave; in avanti, spian&ograve; il terreno che lo port&ograve; all&rsquo;iride: 7 gradini pi&ugrave; alti del podio e targa di campione finale nelle sue mani.    &nbsp;Classe 500, Rainey completava la festa USA   Di primo acchito, Wayne fu molto contestato da Roberts: &ldquo;Rainey non &egrave; pronto. Questo &egrave; il Motomondiale, non l&rsquo;AMA. Qui ci corrono i migliori piloti del mondo e credo sia meglio rispedirlo in California&rdquo;.  Mannaggia a Kenny, lo disse, lo fece. L&rsquo;opaca stagione 1984 in 250 non convinse affatto il team manager che in Europa lo volle ed in America lo rimand&ograve;.  Anni pi&ugrave; tardi, Rainey fu riconvocato dallo stesso Roberts, stavolta per guidare la mezzo litro: &ldquo;Penso che lui sia maturato e la potenza delle 500 si addica meglio al suo stile&rdquo; ribad&igrave; KR, che gli affid&ograve; una Yamaha YZR di livello.  L&rsquo;uomo di Monterey ripag&ograve; la fiducia: un successo nel 1988, tre l&rsquo;anno dopo, ed ecco il 1990, iniziato con il primo posto di Suzuka.  A Laguna la folla desiderava un eroe a stelle e strisce sul gradino pi&ugrave; alto. D&rsquo;accordo, ma quale tra i diversi &quot;american boys&quot; al via?   Lawson no, perch&eacute; Eddie si era &ldquo;autoeliminato&rdquo; schiantandosi in prova, a causa di una moto rimasta senza freni e impattata contro le barriere.  Kevin Schwantz, ma il texano non arriv&ograve; al traguardo. Rimanevano Randy Mamola e Rainey. Il californiano della Cagiva giunse settimo, mentre il californiano Yamaha duell&ograve; con Chili e Doohan su Honda, relegandoli al terzo e secondo posto.  I tifosi furono molto soddisfatti, Roberts ancor di pi&ugrave;. Per King Kenny Laguna Seca fu come un casello autostradale aperto che gli concesse la linea giusta per una doppietta 1990, sia a Laguna Seca che a conti finali fatti: Kocinski e Rainey si laurearono campioni del mondo nelle rispettive cilindrate.   Cagiva Ferrari F4: il sogno in Rosso 

A Laguna Seca i tifosi americani festeggiavano la doppietta con Wayne primo in 500 e John sul gradino pi&ugrave; alto della 250. Per Kenny il 1990 fu l&#39;anno del doppio titolo da team manager

Trent&#39;anni fa: Rainey e Kocinski servono a Roberts l&#39;antipasto mondiale

Un fulmine rosso, tra i pi&ugrave; belli di sempre, fatto per correre su pista e in strada, questo doveva essere nei piani di&nbsp;Claudio Castiglioni la Cagiva Ferrari F4, il prototipo che il patron del gruppo, che negli anni &#39;90 comprendeva Cagiva e Ducati, voleva realizzare in collaborazione con il Cavallino Rampante.  Un sogno ambizioso che fin&igrave; per infrangersi e quella moto rivoluzionaria, oggi, non resta che un unico esemplare-prototipo esposto al Museo MV Agusta.  Il progetto Cagiva-Ferrari   Il prototipo della Cagiva Ferrari F4 aveva la carena della Cagiva C594 in gara nel Motomondiale di quegli anni e parti derivate da altri modelli del marchio. Il faro proveniva da una Cagiva Canyon, gli specchietti retrovisori dalla Cagiva Mito e la strumentazione LCD dalla Cagiva 500. Il motore venne realizzato dagli ingegneri Ferrari: un 4 cilindri in linea da 750 cc, valvole radiali, cambio estraibile e distribuzione a catena, un vero e proprio propulsore da corsa che avrebbe dato il nome alla moto stessa con la F ad indicare appunto l&#39;origine Ferrari e 4 come il numero dei cilindri.  I test su pista e la fine del &ldquo;sogno&rdquo;   La notizia della nascita di una moto realizzata da Cagiva-Ferrari venne seguita con interesse dalla stampa internazionale e si diffuse anche la voce di una possibile intenzione della Ferrari di inserire la moto tra i prodotti ufficiali del marchio. Fu il circuito del Mugello ad ospitare il primo test su pista della F4 coi tester Cagiva e Pierfrancesco Chili. I giri di quel muletto furono un&#39;illusione.  Il giudizio di Pierfrancesco Chili sul prototipo con motore Ferrari, dopo il breve test al Mugello, fu drastico. Bocci&ograve; il propulsore, che poi in effetti sarebbe stato rifatto. Sulle pagine di Motosprint dichiarava: &quot;In basso non aveva niente, la coppia era tutta in alto e arrivava di colpo. L&rsquo;inizio era sbagliato. La ciclistica non era male ma per metterla in crisi ci vuole un motore che spinga, e che prenda nel momento giusto. Direi che la moto... non era ancora moto, ma feci soltanto un paio di giri (in realt&agrave; sette, ndr). Insistere a quello stadio di sviluppo non avrebbe avuto senso&quot;.  Il sogno di Castiglioni si infranse per il sopraggiungere di alcune difficolt&agrave; contingenti dovute ai possibili problemi di bilancio di Cagiva che, gi&agrave; impegnata in investimenti importanti per il Motomondiale, non avrebbe potuto sostenere adeguatamente i costi di produzione della moto. Al contempo, anche la Ferrari decise di ritirarsi in quanto non soddisfatta dalle performance del motore in fase di test con il timore ulteriore di un possibile investimento sbagliato che avrebbe potuto minare il prestigio del marchio. Presidente aveva voluto un motore con il fascino del Cavallino, affidandone poi la prima fase dello sviluppo alla Duca- ti. Sarebbe dovuta essere una Cagiva, poi su pressione di Massimo Tamburini, Castiglioni aveva voluto anche i fuochi artificiali acquistando da Ricky Agusta il prestigioso marchio MV Agusta.&nbsp;    La MV Agusta F4   Il prototipo della Ferrari-Cagiva F4 torn&ograve; d&#39;attualit&agrave; con l&#39;acquisto da parte di Cagiva di MV Agusta. Su pressione di Massimo Tamburini, Castiglioni aveva voluto il prestigioso marchio MV. Lo stesso Tamburini, incaricato da Castiglioni di progettare il design della F4, convert&igrave; quel progetto nella MV Agusta F4. La moto, presentata nel 1997 a Eicma, rispetto alla precedente perse qualsiasi familiarit&agrave; con Ferrari nel motore ma era dotato di tecnologie e design all&#39;avanguardia con 126 CV a 12.500 g/min, per una coppia di 72 Nm a 10.500 g/min.  Sotto le carene, venne posizionato un telaio a traliccio misto a piastre mentre lo scarico terminava con quattro canne d&#39;argento, poste sotto il doppio faro. Una moto innovativa nella tecnica e nel design che contribu&igrave; al deciso rilancio del marchio di Schiranna e che venne riconosciuta come &quot;La moto pi&ugrave; bella del mondo&quot;.  MV Agusta, il meglio deve ancora venire 

Progetto voluto da Claudio Castiglioni, che coinvolse anche la Ferrari. Il sogno naufrag&ograve; dopo i primi test su pista, ma dalle sue ceneri nacque la MV Agusta F4, la &quot;moto pi&ugrave; bella del mondo&quot;

Cagiva Ferrari F4: il sogno in Rosso

        Le classi Moto2 e Moto3 sono tornate in scena: dopo le giornate di prove al Ricardo Tormo adesso &egrave; la volta dei test privati sulla pista di Jerez. Prove utili anche per studiare a fondo la nuova Moto2 motorizzata Triumph e gestita dalla centralina Magneti Marelli.  VR46 PROTAGONISTA - Ieri sono state tante le scuderie impegnate ai box nel luned&igrave; che ha aperto i test. Per lo Sky Racing Team VR46 &nbsp;Luca Marini e il rookie Nicol&ograve; Bulega sono scesi in pista per la Moto2, accompagnati dai colleghi di team della classe cadetta, Dennis Foggia e Celestino Vietti. E proprio due alfieri della compagine guidata da Valentino Rossi sono stati protagonisti delle rispettive classi: Luca Marini, il fratello minore del nove volte iridato, ha siglato il miglior tempo della giornata sull&rsquo;asfalto andaluso, fermando il cronometro sull&rsquo;1&rsquo;41&Prime;827, che &egrave; anche il nuovo record non ufficiale della pista, mentre Dennis Foggia ha spuntato un ottimo secondo tempo in Moto3. MOTO2 -Mettendo a segno &lsquo;solo&rsquo; 36 tornate, Luca Marini ha preceduto di 42 millesimi il britannico Sam Lowes, che invece ha siglato ben 87 giri. Sul podio di giornata lo svizzero Thomas Luthi, tornato in Moto2 dopo aver militato nella classe regina con il Team Marc VDS. Alex Marquez ha piazzato il quarto tempo, a 124 millesimi da Marini, precedendo i connazionali Jorge Navarro e Xavi Vierge. Andrea Locatelli ha stampato l&rsquo;ottavo crono alle spalle del tedesco Marcel Schroetter. A completare la top ten due rookies della Moto2: Nicol&ograve; Bulega, che paga solo un ritardo di 1&Prime;076, e Fabio Di Giannantonio, a 1&Prime;138. Undicesimo tempo per un altro rookie italiano: Enea Bastianini a 1&Prime;302 da Luca Marini. Assente a questo grande inizio perch&eacute; impegnato alla presentazione della scuderia, Jorge Martin, campione del mondo Moto3 e portacolori KTM nella formazione ufficiale della media cilindrata. MOTO3 &ndash; Nella classe cadetta il miglior crono appartiene a Gabriel Rodrigo, in 1&rsquo;47&rsquo;&rsquo;254&rsquo;&rsquo;, ma il portacolori del VR46 Dennis Foggia stampa il secondo tempo a poco pi&ugrave; di 3 decimi di distacco. Quinto tempo fra le Moto3 per Stefano Nepa che precede Riccardo Rossi, mentre Celestino Vietti &egrave; ottavo, a poco pi&ugrave; di 1&rsquo;2&rsquo;&rsquo; di distacco da Rodrigo. Qui i tempi della prima giornata di test. Oggi si replica!        

Nella prima giornata di test privati il fratellino di Rossi stampa il primato ufficioso davanti a Sam Lowes e Thomas Luthi. In Moto3 Gabriel Rodrigo &egrave; il primo della classe cadetta, ma Dennis Foggia &egrave; vicino

Moto2: Luca Marini da record nei test a Jerez

Lewis Hamilton &egrave; l&#39;hashtag pi&ugrave; caldo del momento, e non parliamo solo di Campionato del mondo di F1 o quattro ruote in genere. Protagonista di un test (con scivolata) a Jerez in sella alla R1 di Crescent, con Alex Lowes come istruttore, ha poi rilanciato la sua voglia di moto, manifestando niente meno che a Valentino Rossi, la sua volont&agrave; di allenarsi al Ranch, avendo evidentemente compreso che, persino lui che &egrave; il re della velocit&agrave;, ha ancora tanto da imparare, e che quella del dottore &egrave; la migliore delle Universit&agrave; Motociclistiche possibili per chi vuole apprendere tutti i trick del mestiere nel modo pi&ugrave; sicuro possibile.  LE &ldquo;SUE&rdquo; MV - Ma il 5 volte campione di Formula1, &egrave; ancora protagonista, questa volta richiamato in ballo da MV Agusta, che con il il britannico ha un accordo per la messa in listino e commercializzazione di due vere e proprie bellezze su due ruote a lui dedicate. Parliamo della MV Agusta F4 LH44 e della MV Agusta Brutale 800RR LH44, entrambe prodotte in tiratura limitata e oggetto del desiderio per un numero davvero ridotto di appassionati, sia per il costo, sia per il fatto che sembra siano ormai rimasti pochi esemplari disponibili.  BOTTA E RISPOSTA - MV Agusta, evidentemente colta di sorpresa dalla tentazione offerta a Hamilton dal team Crescent, che gli ha allestito una Yamaha R1 praticamente identica ad una Superbike, non ha per&ograve; perso tempo e ha deciso di rilanciare. Giovanni Cuzari, responsabile del progetto Moto2 che vedr&agrave; impegnata MV Agusta nel mondiale prototipi dopo tanti anni di assenza (le due moto saranno affidate ad Aegerter e Stefano Manzi), ha giocato il suo asso: un vero e proprio invito ufficiale (via Instagram) a provare la Moto2 del mondiale.  La gara di inviti ed autoinviti, &egrave; appena iniziata... e va detto che &egrave; una cosa fatta col sorriso ma non del tutto amichevole perch&eacute; in ballo ci sono interessi concreti niente male. L&rsquo;approfondimento, su Motosprint in edicola la prossima settimana. 

Dopo aver provato la Yamaha Superbike e aver chiesto a Rossi di ospitarlo al Ranch, il campione di F1 &egrave; stato invitato dalla MV Agusta (con cui ha un accordo commerciale) per un test sulla Moto2

Hamilton e le moto, &egrave; gara di inviti e autoinviti

La gamma RC comprende i modelli naked Brutale e Dragster, la Turismo Veloce, le sportive F3 675 e 800 e la F4. Dopo gli aggiornamenti tecnici del 2018 ecco la nuova veste grafica

215 risultati per 'F4'

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